lunedì 7 novembre 2011

Trasferiti i migranti ospiti presso il CARA Hotel di Fiesso d'Artico: continua il monitoraggio ARCI nelle nuove strutture

Grazie all'intervento dell'ARCI, i ragazzi profughi dalla Libia ospitati presso l'Hotel Riviera di Fiesso d'Artico sono stati trasferiti in strutture più adeguate.

I ragazzi anglofoni sono stati trasferiti presso l'Ostello A Colori di Mira (Ve) mentre quelli arabofoni sono stati trasferiti presso un magazzino nel porto di Marghera, gestito dall'associazione Mariport.
L'ARCI esprime soddisfazione per aver garantito ai ragazzi un'accoglienza dove funziona il riscaldamento e dove la mensa garantirà loro varietà di cibo MA esprime anche tutta la sua preoccupazione per la scelta dei posti di accoglienza destinati ai richiedenti asilo, ancora una volta isolati dal resto della collettività e inadeguati ad un'accoglienza finalizzata alla tutela e integrazione di chi cerca protezione in Italia.
Anna Carmela Bolini, operatrice dell'ARCI Venezia, racconta il lavoro fatto con i migranti profughi dalla Libia ospitati presso l'albergo Riviera di Fiesso d'Artico.
Mestre, 04/11/2011

SOS Egitto cristiano ma il governo continua a fare rimpatri

La politica dei rimpatri fa dimenticare le situazioni di conflitto dalle quali provengono numerosi migranti.

"Sono quasi 100'000 i copti che hanno lasciato l’Egitto dal mese di marzo 2011 a oggi”, afferma Naguib Gébraïl, presidente dell’Unione egiziana dei diritti umani (UEDH). E' necessario diffondere la notizia contro il silenzio dei media anche in Italia.
Secondo l’Ong diretta da Naguib Gébraïl, i 100'000 copti che sono partiti da marzo sono andati soprattutto negli Stati Uniti (16'000 in California, 10'000 nel New Jersey, 8'000 a New York e 8'000 nel resto del paese), in Europa (20'000 tra Paesi Bassi, Italia, Regno Unito, Austria, Francia e Germania...), in Canada (9'000 a Montreal, 8'000 a Toronto) e in Australia (14'000). “Le nostre statistiche vengono dai nostri uffici all’estero, e dalle Chiese copte in quei diversi paesi”, precisa il presidente dell’UEDH. Attribuisce queste partenze obbligate al timore per le azioni e le minacce dei salafiti, quei musulmani estremisti comparsi sulla scena politica a favore della rivoluzione del 25 gennaio. 

martedì 11 ottobre 2011

Parlamento Europeo: dibattito sul sostegno dell'UE ai rifugiati in Tunisia

Summary of the debate in the European Parliament on 28 September

Cecilia Malmström, Member of the Commission. − Madam President, the situation of the refugees stranded in North Africa is of course an issue of major concern. When the crisis began, the Commission immediately called for a meeting between Member States, the Commission, the IOM and the UNHCR to discuss the situation of the refugees stranded in Libya and to get an assessment of the resettlement needs.

lunedì 10 ottobre 2011

La partnership Italia-Tunisia contro i migranti - di Antonio Mazzeo

 Relazione presentata in occasione dell’incontro internazionale Ripensare le migrazioni: per una libera circolazione nello spazio euro-mediterraneo, tenutosi a Tunisi il 30 settembre e l’1 ottobre 2011
“Gli assetti aerei e navali italiani messi a disposizione della NATO per l’operazione Unified Protector continuano le missioni assegnate per l’imposizione della no-fly zone e dell’embargo navale. Nell’ultima settimana sono state effettuate 39 missioni aeree. Gli assetti impiegati dall’Aeronautica militare sono stati i cacciabombardieri Tornado, F16 Falcon e AMX, gli aerofornitori KC130J e KC767A ed un velivolo a pilotaggio remoto Predator B (…) Per quanto riguarda l’emergenza immigrazione, in applicazione dell’intesa italo-tunisina, Nave Comandante Borsini, Nave Chimera ed un aereo Atlantic continuano la sorveglianza in prossimità delle acque tunisine”.
Il ministero della Difesa italiano emana settimanalmente un dispaccio con un consultivo delle missioni effettuate dalle forze armate nella ormai lunga campagna militare in Libia. Quasi a consacrare che uno degli obiettivi della guerra globale e permanente è quello di contro-arrestare i flussi migratori in direzione sud-nord, lo Stato maggiore congiunge nello stesso comunicato le scarne informazioni sui bombardamenti in Libia e l’esibizioni muscolari delle unità navali inviate per impedire la libera circolazione nel Mediterraneo di uomini, donne e bambini in fuga dalle carestie e dai conflitti africani.       
Che si tratti di vera e propria guerra alle migrazioni, anche se ufficialmente non dichiarata o mascherata dietro la formula di comodo dell’“intervento umanitario”, lo prova l’arsenale militare a bordo delle unità che presidiano le acque tunisine: Comandante Borsini è un pattugliatore d’altura dotato di cannoni OTO Breda 76/62 e mitragliere OTO Oerlikon 25/80 (più un elicottero multiruolo Agusta Bell AB-212), mentre Chimera è una corvetta della classe Minerva con cannoni Oto Melara “Compatto”, lanciatori multi razzi “Barricade” e missili “Aspide”. Truce ostentazione di morte in un mare dove sono ormai naufragate speranze, solidarietà, accoglienza.
Come se non bastasse, il tratto di mare fra Lampedusa, Malta e il nord Africa è sorvegliato giorno e notte anche da numerose unità della Guardia di finanza e della Guardia costiera italiana, in prima linea nelle operazioni di “contenimento” e respingimento dei migranti diretti verso le coste siciliane e calabresi. Poi c’è Frontex, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere, che dopo aver inviato a Lampedusa uno special team operativo nei settori d’intelligence e delle identificazioni, ha schierato nel Mediterraneo centrale quattro aerei, due navi e due elicotteri messi a disposizione da Francia, Germania, Italia, Malta, Spagna e Olanda nel quadro della cosiddetta missione Hermes 2011. Alla crociata internazionale anti-migranti non fa mancare il suo apporto la flotta NATO con quattordici unità da guerra, che presidia le coste nordafricane nel quadro dell’operazione Unified Protector. Al 27 settembre 2011, come riferisce il Comando supremo dell’Alleanza Atlantica di Bruxelles, “un totale di 2.844 navi sono state contattate per un controllo, 293 abbordate e 11 dirottate dall’inizio delle operazioni di embargo sulle armi”. Come dire che nulla sfugge ai mille occhi dei radar terrestri, aerei e navali e ai satelliti della NATO, eppure nel Mediterraneo si continua a morire, troppo spesso proprio a causa di ritardi e omissioni o per l’insufficienza dei soccorsi.   
È quanto accaduto ad esempio l’1 giugno 2011 nel tratto di mare tra la Tunisia e Lampedusa, quando un’imbarcazione con oltre 800 migranti è affondata per un guasto tecnico. Secondo la ricostruzione dei media tunisini, il barcone si sarebbe  capovolto quando molte persone, impaurite, hanno cercato di mettersi in salvo e raggiungere i gommoni della guardia costiera tunisina. Le unità, però, potettero soccorrere solo 577 persone, tra cui 92 donne e 21 bambini, mentre altre 200-270 persone morirono annegate, senza che sia stato poi possibile il recupero dei loro corpi. Chissà perché, allora, i potenti sensori delle forze armate atlantiche non furono in grado d’intercettare e lanciare l’SOS in tempo per evitare una delle peggiori tragedie in mare degli ultimi anni.
Ma può anche succedere che per imperizia o cinica follia una nave da guerra giunga a speronare un battello carico di rifugiati causandone l’affondamento. Impossibile non ricordare quanto accaduto lo scorso 10 febbraio in acque internazionali, quando la motovedetta della Guardia costiera tunisina Liberté 302, secondo quanto denunciato da alcuni sopravvissuti all’agenzia France Press, avrebbe “deliberatamente speronato” un’imbarcazione con a bordo 120 migranti, causando cinque morti e ventidue dispersi. Sempre secondo il racconto dei sopravvissuti, l’imbarcazione era partita da El-Ogla, località turistica nei pressi di Zarzis, ed era diretta a Lampedusa. “Dopo lo speronamento,  il nostro battello fu avvicinato da un elicottero militare italiano che filmò quanto accadeva e da un’altra unità della Guardia costiera tunisina”, aggiungono. Le forze armate italiane e tunisine hanno scelto però di secretare le dinamiche dell’“incidente”, facendosi garanti dell’impunità dei responsabili e dell’oblio per le vittime.
Impunità e oblio che incarnano l’immane vergogna dei respingimenti in mare e delle deportazioni manu militari di chi è riuscito a scampare ai naufragi e toccar terra nel sud Italia. Per fortuna, però, si riesce talvolta a rompere il muro di silenzio, e rivelare le gravi violazioni dei diritti umani e delle convenzioni internazionali che caratterizzano l’odierna guerra ai migranti. Il 21 agosto, gli operatori dell’associazione Askausa di Lampedusa hanno documentato l’ingresso in porto di un’unità della Guardia di finanza con una trentina di immigrati a bordo. Invece di attraccare, la nave si accostò ad un imbarcazione della Guardia costiera, trasbordò sei persone che richiedevano cure mediche (tra cui un paraplegico e due donne poi condotti nel presidio ospedaliero di Lampedusa), fece manovra e riprese la direzione del mare. Si apprenderà poi dall’agenzia Ansa che gli altri migranti, scampati ad un naufragio a circa trentacinque miglia dall’isola, erano stati imbarcati sulla nave della Marina Comandante Borsini, e successivamente consegnati a una motovedetta tunisina. Un modello operativo ripetutamente sperimentato in passato dall’Italia con la Libia del colonnello Gheddafi.
Citando fonti anonime “che hanno partecipato alle operazioni di soccorso in mare” degli immigrati deportati dalla Marina militare in quell’occasione (104 in tutto), il 28 agosto l’agenzia di stampa Redattore Sociale ha pubblicato un’inchiesta sulle modalità con cui ormai vengono applicati i respingimenti collettivi da parte italiana. “Le unità navali avvistano le barche di migranti - chiamate “target” in gergo militare - che si dirigono a Lampedusa”, scrive Redattore Sociale. “Avvistato il target, l’unità della Marina militare italiana avvisa il comando della Guardia di finanza che è preposta alla difesa delle frontiere e al controllo dell’immigrazione irregolare. A quel punto si coordinano tra loro per sorvegliare le imbarcazioni cariche di migranti, verificandone la rotta, la velocità e le condizioni di navigazione. Quando si ritiene che la barca sia partita dalla Tunisia, viene raggiunta dalle motovedette o dall’unità della Marina. I migranti vengono imbarcati sulla nave italiana e poi trasbordati di nuovo su una motovedetta tunisina”. L’agenzia di stampa denuncia infine i modi sommari e superficiali con cui si procede all’identificazione in mare dei migranti. “L’elemento fondamentale è la rotta a ovest di Lampedusa, l’altro aspetto su cui si basa il respingimento sono i tratti somatici. Dalla carnagione dei migranti, i militari intuiscono a occhio se sono arabi, somali o subsahariani. Un’identificazione collettiva che non permette di valutare se sulla barca ci sono potenziali richiedenti asilo, visto che la domanda di protezione internazionale avviene su base individuale e riguarda la storia personale di chi fa richiesta…”.
Respingimenti, devoluzioni e deportazioni sono il frutto dell’accordo sottoscritto il 5 aprile 2011 dai governi d’Italia e Tunisia, a conclusione di un lungo e difficile negoziato tra le parti. Come ha dichiarato il ministro dell’Interno italiano, Roberto Maroni, “si tratta di un accordo tecnico sulla cooperazione tra i due Paesi contro l’immigrazione clandestina” e sul “rafforzamento della collaborazione tra forze di Polizia”. Tra i punti più controversi la previsione del “rimpatrio diretto per i tunisini che sbarcheranno in Italia successivamente all’entrata in vigore del decreto sul permesso di soggiorno temporaneo”, firmato il 6 aprile dal presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Nell’accordo non si fa accenno a tempi e modalità di svolgimento dei “rimpatri coatti”, consentendo alle parti ampia discrezionalità. Unica concessione al diritto che il rimpatrio avvenga solo “successivamente all’accertamento della nazionalità del migrante”, ma la vicenda del respingimento collettivo da Lampedusa a fine agosto, è emblematica dell’inaffidabilità delle identificazioni effettuate. L’accordo, infine, assicura un’illimitata libertà di azione alle unità militari italiane impegnate nel pattugliamento delle coste tunisine, mentre assegna alla Marina militare e alla Guardia costiera tunisina l’attività assai meno edificante e assai più pericolosa del blocco in mare e della riconduzione in patria delle imbarcazioni sequestrate.
In occasione della sua ultima visita a Lampedusa lo scorso 18 settembre, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha annunciato la firma di un “ulteriore accordo” tra i rispettivi ministeri dell’Interno che “consente nell’arco di una settimana, di rimpatriare coloro che non hanno diritto di rimanere”. Due giorni dopo, il quotidiano Avvenire ha rivelato che questo nuovo accordo “prevede cento rimpatri al giorno, per cinque giorni alla settimana”. Gli annunci del ministro hanno ulteriormente esasperato gli animi dei cittadini tunisini detenuti nel centro di contrada Imbricola a Lampedusa e, il pomeriggio del 20 settembre, la tensione è sfociata nell’incendio doloso di due capannoni utilizzati come alloggi e, qualche ora dopo, nelle violentissime cariche delle forze dell’ordine. “Il pericolo incombente che da tempo si sta segnalando a Lampedusa è che i tunisini che stanno all’interno del centro, in ripetute occasioni, hanno minacciato di incendiare il centro, come è già accaduto nel 2008”, aveva “profeticamente” annunciato il sindaco Bernardino De Rubies, a conclusione dell’incontro con La Russa. Benzina su benzina, odio su odi, guerra che si sovrappone alla guerra. E l’“emergenza” migranti che diviene sempre più militare e militarizzata. Non è un caso così che dopo gli scontri di Lampedusa, sia stato attivato un ponte aereo tra l’isola e la base aereonavale siciliana di Sigonella per trasferire centinaia di immigrati tunisini con due velivoli C-130 “Hercules” della 46^ Brigata dell’Aeronautica militare (Pisa).
Altrettanto ambiguo il ruolo assunto dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (DGCS) del ministero degli Affari esteri italiano. A seguito della richiesta tunisina di contribuire al rimpatrio dei cittadini stranieri giunti in Tunisia dopo essere fuggiti dal conflitto libico, i primi giorni di marzo la DGCS ha inviato nell’area di Ras Ejder un advanced team per collaborare “all’immediato rimpatrio delle popolazioni interessate, alla costituzione di un presidio di coordinamento internazionale per le operazioni e all’equipaggiamento dei campi di accoglienza”. I rimpatri, coordinati dalla stessa Direzione per la cooperazione allo sviluppo, con il contributo di Protezione civile, ministeri della Difesa e dell’Interno e Croce Rossa Italiana, sono stati effettuati grazie ai C-130 “Hercules” dell’Aeronautica militare e a vettori Alitalia. Si è trattato in tutto di sei voli, tre verso l’Egitto, uno verso il Mali e due verso il Bangladesh per complessivi 863 cittadini di paesi terzi e di cui ovviamente è stato impossibile conoscere la disponibilità al “rimpatrio”. La DGSC ha inoltre contribuito con 500 mila euro al Libya evacuation and stabilization project lanciato dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) per “facilitare il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi fuggiti verso Egitto e Tunisia, assicurando, in particolare, le procedure di identificazione dei fuoriusciti”.
Sempre con fondi della cooperazione allo sviluppo, l’Italia prevede di “concentrare la propria attenzione”, come dichiara la Farnesina, “sullo sviluppo delle regioni costiere, dal punto di vista ambientale, turistico e della sicurezza marittima”, attraverso “programmi già predisposti (creazione di una rete radar per il monitoraggio delle coste) o già approvati (programma per la protezione del Mediterraneo e programma per la diversificazione dell’offerta turistica)”. “È allo studio, inoltre, un programma di creazione di una rete radar contro l’inquinamento marino da 35 milioni di euro a credito d’aiuto (anch’esso con un tasso di concessionalità che lo rende equiparabile a un dono)”. Nell’ambito dello stesso “piano”, l’Italia prevede infine la fornitura alle forze di polizia tunisine di sei motovedette, quattro pattugliatori e un centinaio di fuoristrada, per un valore complessivo di 100 milioni di euro, a cui dovrebbe aggiungersi successivamente un altro sistema di rilevamento radar.
Quello della primavera 2011 non è purtroppo il primo patto anti-migranti sottoscritto da Italia e Tunisia. Nel 1998, l’allora governo Prodi firmò un “accordo per contrastare l’immigrazione clandestina”, stanziando a favore del governo tunisino 150 miliardi di lire in tre anni sotto forma di “crediti all’industria”. Nello stesso anno il Parlamento italiano ratificò la “Convenzione di cooperazione nel campo militare tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo della Repubblica Tunisina” che consentì l’implementazione di programmi bilaterali nel campo della sorveglianza marittima, del trasferimento di sistemi d’arma e tecnologie militari, delle esercitazioni aeronavali. Nel 2009 il governo Berlusconi concesse a Ben Ali un “aiuto” di 50 milioni di euro, condizionato all’applicazione di “una più efficace politica di identificazione” da parte tunisina. Il 27 gennaio 2009, in particolare, con la visita a Tunisi del ministro Roberto Maroni e del capo della polizia italiana Antonio Manganelli, venne definito con le autorità tunisine un piano d’interventi per la “semplificazione e accelerazione delle procedure necessarie all’identificazione degli immigrati tunisini presenti nei Centri di identificazione ed espulsione italiani e il rimpatrio graduale e costante, entro il termine massimo di due mesi, di coloro che sono già stati identificati e si trovano nelle strutture di Lampedusa”.
Il comunicato finale della Commissione militare mista italo-tunisina, riunitasi a Roma dal 14 al 16 ottobre 2008 e copresieduta dai ministri della Difesa, Ignazio La Russa e Kamel Morjane, indicava le priorità di “combattere emigrazione ed immigrazione clandestina” e “perseverare nella lotta al terrorismo ed ai gruppi terroristici”. Oltre alla previsione di nuovi accordi collaborativi tra le rispettive accademie navali ed aeronautiche, l’Italia s’impegnava a ripristinare l’efficienza dei fari di Capo Bon e delle isole dei Cani e di Kuriat, di fronte a Monastir, a continuare a fornire sistemi, materiali e mezzi militari “in surplus” e “pezzi di ricambio per camion per un valore commerciale di 200.000 euro” e a “potenziare lo scambio dati in materia di controllo del traffico marittimo attraverso il programma della Marina italiana Virtual Regional Maritime Traffic Control (VRMTC)”, utilizzato particolarmente in funzione anti-immigrati.
Il consolidamento della partnership militare con la Tunisia ha permesso grandi affari al complesso militare industriale italiano, depauperando però le casse statali tunisine d’ingenti risorse finanziarie che potevano altrimenti essere destinate a ridurre i gap nell’offerta educativa, formativa, sanitaria e assistenziale, rafforzando le politiche di welfare. Sono di produzione italiana buona parte dei cacciaintercettori e degli elicotteri da guerra oggi a disposizione dell’aeronautica militare tunisina. Nello specifico sono stati acquistati una ventina di aerei Aermacchi MB-326, venticinque SIAI Marchetti nelle versioni F260 ed S208, ventisei elicotteri Agusta Bell (versione AB-205, 212 e 412) e cinque grandi aerei da trasporto Aeritalia G.222. Si tratta di velivoli già utilizzati e che potranno ancora essere efficacemente utilizzati nelle guerre “a bassa intensità” contro le migrazioni mediterranee.
Rilevanti ai fini della formazione delle forze armate tunisine nella vigilanza e nel blocco dei flussi migratori sono state le numerose esercitazioni realizzate nel quadro della cosiddetta Iniziativa 5+5 Difesa per la cooperazione, la sicurezza e la stabilità nel Mediterraneo (avviata nel 2004 dalle forze armate di Algeria, Francia, Italia, Libia, Malta, Mauritania, Marocco, Portogallo, Spagna e Tunisia) e del “Dialogo Mediterraneo”, il programma di cooperazione fra le marine NATO e quelle di Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Mauritania, Marocco e Tunisia. Determinante infine il sostegno fornito dai reparti militari d’eccellenza degli Stati Uniti d’America e dal comando USAFRICOM, attivato a Stoccarda (Germania) per pianificare ed eseguire nuovi interventi armati USA nel continente africano.
Qualche mese fa l’amministrazione Obama ha approvato un piano a favore delle forze armate tunisine “per sostenere l’odierno cambiamento democratico” e che prevede la vendita di armamenti e mezzi militari per un valore di venti milioni di dollari. Il Dipartimento della difesa ha spiegato che l’aiuto statunitense è finalizzato “a potenziare la marina militare tunisina, principalmente nelle sue capacità di pattugliamento delle acque territoriali”. “Gli aiuti”, aggiunge il Pentagono, “consentiranno al governo di Tunisi di acquistare pattugliatori USA in surplus per intercettare imbarcazioni sospette di al-Qaeda e di migranti illegali in rotta tra il nord Africa e l’Europa”. Washington ha inoltre offerto la propria disponibilità a modernizzare i radar e gli elicotteri di produzione statunitense, in dotazione all’esercito e all’aeronautica militare tunisina e, inoltre, a fornire “addestramenti addizionali” e “velivoli da trasporto tattico terrestre”.
Nel periodo compreso tra il 1987 e il 2009, gli “aiuti” militari USA alla Tunisia hanno raggiunto complessivamente i 349 milioni di dollari. Ad essi vanno aggiunti i 282 milioni in pezzi di ricambio, motori, supporto tecnico e logistico e formazione, richiesti lo scorso anno dalla Defense Security Cooperation Agency nell’ambito del programma Foreign Military Sale per ammodernare i dodici elicotteri multimissione SH-60F delle forze armate tunisine. “Questa proposta di vendita contribuirà alla politica di sicurezza degli Stati Uniti e alla crescita nel campo della difesa di un paese amico che è stato e continua ad essere un’importante forza per il progresso economico e militare in nord Africa”, dichiarava il Dipartimento della difesa alla vigilia dello scoppio delle rivolte popolari contro Ben Ali. “Questo programma consentirà la modernizzazione dell’aeronautica militare tunisina, migliorerà le sue capacità operative di ricerca e riscatto in alto mare e l’interoperabilità con i mezzi delle forze armate USA e di altri partner della regione, svilupperà le capacità della Tunisia a effettuare missioni umanitarie, combattere gli incendi e mantenere l’integrità delle sue frontiere”. Elicotteri polivalenti, dunque, da impiegare per interventi militari, la protezione civile e, ancora una volta, per il contenimento delle migrazioni.
Nell’agosto 2010, infine, la holding statunitense Lockheed Martin ha comunicato la stipula di un contratto con la Tunisia per la fornitura di due grandi aerei da trasporto C-130J “Super Hercules”, la cui consegna è prevista nel 2013 e nel 2014. Negli hangar militari tunisini sono stipati già quattordici C-130 nelle versioni B, E ed H, ma la nuova versione raggiunge velocità ed autonomia d’azione superiori e consente il trasporto di carichi più pesanti. I C-130J vengono utilizzati normalmente per rifornire truppe ed equipaggiamenti via terra o con aviolanci, per il rifornimento in volo e il trasporto di aiuti umanitari. Lo scorso mese di marzo l’US Air Force li ha pure utilizzati, insieme ai KC-130 del Corpo dei marines, per il ponte aereo Djerba-Il Cairo che ha trasferito 640 cittadini egiziani rifugiatisi in Tunisia dalla Libia. L’operazione, coordinata dal Comando USAFRICOM, ha preso il via dalla base aerea tedesca di Ramstein. Dopo aver caricato generi alimentari, tende e contenitori d’acqua potabile stoccati nei depositi della base US Army di Camp Darby (Pisa), i velivoli cargo hanno effettuato una sosta tecnica negli scali aerei di Souda Bay a Creta e Sigonella, in Sicilia. Da lì hanno poi preso il volo verso Djierba. Chissà se, all’occorrenza, i velivoli acquistati dai militari tunisini non verranno utilizzati per deportare nell’Africa sub-sahariana ed orientale i rifugiati espulsi dai centri-lager di mezza Europa…

Antonio Mazzeo, militante ecopacifista ed antimilitarista, impegnato in progetti di cooperazione allo sviluppo, ha pubblicato alcuni saggi sui temi della pace e della militarizzazione del territorio, sulla presenza mafiosa in Sicilia e sulle lotte internazionali a difesa dell’ambiente e dei diritti umani. È membro della Campagna per la smilitarizzazione della base di Sigonella. Nel 2010 ha ricevuto il Premio “Giorgio Bassani” di Italia Nostra per il giornalismo. Saggi e inchieste sono consultabili in http://antoniomazzeoblog.blogspot.com.

mercoledì 5 ottobre 2011

Comunicato stampa ARCI

Migranti tunisini trattenuti illegalmente e trattati come bestie

L’Arci presenterà un esposto alla procura di Agrigento
e farà ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo



Reclusi nel centro di Lampedusa e poi trasferiti e trattenuti per giorni su navi-prigione in condizioni disumane in attesa di essere rimpatriati in Tunisia senza che venisse loro notificato alcun provvedimento, né concesso di accedere all’autorità giurisdizionale: questo è quanto emerge dalla testimonianza di tre cittadini tunisini raccolta dai legali dell’Arci presenti a Tunisi in occasione di un convegno internazionale.

I tre cittadini tunisini, dopo essere approdati a metà settembre a Lampedusa, sono stati rinchiusi nel Cpsa dell’isola sino agli scontri che ne hanno provocato la distruzione.
In seguito, trasferiti su navi, sono stati sottoposti a trattamenti disumani e degradanti: stipati in 100 per una settimana in un salone, costretti a dormire per terra con la possibilità di uscire per pochi minuti dopo i pasti sul ponte dell’imbarcazione. Come emerge dalle testimonianze, la possibilità di usufruire dei servizi igienici veniva decisa dalle forze dell’ordine che accompagnavano i migranti spintonandoli e minacciandoli con i manganelli. Trattati come bestie, provocati e offesi da chi li sorvegliava, gli veniva dato da mangiare buttando il cibo a terra. Cento migranti trattenuti con una procedura illegale che configura il reato di sequestro di persona.

Quello che succede alle frontiere italiane evidenzia la necessità di riportare la legalità nella gestione degli arrivi dei migranti. C’è un limite, cui il rispetto di noi stessi oltre che quello per il nostro prossimo e per le leggi, dovrebbe richiamarci.

I legali dell’Arci hanno ricevuto il mandato dai 3 cittadini tunisini di procedere per vie legali.

Nelle prossime ore verrà presentato un esposto alla procura di Agrigento per denunciare la limitazione illegittima della libertà personale (ex art. 13 della Costituzione) con l’ipotesi di reato di sequestro di persona.

Verrà inoltre fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo perché si pronunci sulla violazione dei diritti fondamentali subita da migliaia di migranti alle frontiere italiane.

Roma, 4 ottobre 2011

lunedì 3 ottobre 2011

Comunicato stampa di UNHCR, OIM e Save The Children

LAMPEDUSA DICHIARATA PORTO NON SICURO, A RISCHIO IL SALVATAGGIO IN
MARE.

Preoccupazione per la prassi del trattenimento dei migranti su navi

ROMA - L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
(UNHCR), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e
Save the Children - che dal 2006 operano all’interno del Centro di
Soccorso e Prima Accoglienza di Lampedusa come partner nel Progetto
Paresidium - esprimono la propria preoccupazione in merito alla
decisione delle autorità italiane di dichiarare Lampedusa porto non
sicuro.
Tale decisione rischia di indebolire l’intero sistema di soccorso in
mare di migranti e richiedenti asilo e al tempo stesso di aumentare la
complessità ed il livello di rischio delle operazioni di salvataggio.
Non essendo infatti più previsto attraccare a Lampedusa, l’effettiva
capacità di soccorrere della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza
verrebbe compromessa dalla distanza necessaria per raggiungere un altro
porto - es. Porto Empedocle a 120 miglia nautiche - specialmente in
tutti i casi di condizioni meteo-marine avverse e laddove vi siano
persone con urgente bisogno di cure mediche, minori e persone in
condizione di vulnerabilità.
Pertanto le organizzazioni partner di Praesidium auspicano che il
centro di Lampedusa possa al più presto essere ripristinato al fine di
poter svolgere in condizioni dignitose una funzione di prima accoglienza
e transito, ospitando i migranti per il tempo strettamente necessario
alle attività di assistenza ed identificazione, in attesa del rapido
trasferimento in apposite strutture sul territorio.
Pur consapevoli della particolare pressione a cui è stata sottoposta
l’isola negli ultimi tempi e dell’attuale limitata capacità delle
sue strutture di accoglienza, le tre organizzazioni partner ritengono
importante, al fine di salvare vite umane, che Lampedusa rimanga
comunque un porto di approdo.
Inoltre, in riferimento ai recenti episodi di trattenimento de facto di
migranti a bordo di navi, le organizzazioni esprimono contrarietà
riguardo ad una prassi che solleva una serie di dubbi in merito alle
condizioni di permanenza e alla sua stessa legittimità, in assenza delle
garanzie previste dalla legislazione vigente. UNHCR, OIM e Save the
Children auspicano che tali prassi non siano reiterate e che, quanto
prima, le autorità competenti trovino soluzioni adeguate in linea con
quanto previsto dal diritto italiano ed internazionale.

Uffici stampa per informazioni:
UNHCR: 06 80212318
OIM: 06 44186207
Save the children: 06 48070023

venerdì 23 settembre 2011

LETTERA DI UN LAMPEDUSANO

di Giacomo Sferlazzo

Oggi è uno dei giorni più brutti che io abbia mai vissuto, la speranza di una Lampedusa faro della solidarietà del diritto e dell'umanità si è talmente affievolita che ormai sembra solo una fantasia retorica, quell'umanità che tanto ci aveva fatto sperare e che era stata troppo presto mitizzata era come avevamo detto in altre occasioni "Poca", perché non accompagnata da una coscienza politica e sociale. Oggi a Lampedusa si è compiuto il piano del governo e dell'amministrazione locale, quello che per molti anni non era riuscito, oggi ha avuto compimento, arrivare allo scontro tra Lampedusani e migranti, in questo caso tunisini.
Era da tempo che tutti quelli che dovevano sapere, erano a conoscenza dello stato di degrado e di nervosismo che nel centro di Lampedusa si viveva quotidianamente, molti lo avevano detto, ed era prevedibile che lasciare i ragazzi tunisini in quelle condizioni e in più essendo a conoscenza che i rimpatri erano lo scopo finale della loro attesa, avrebbe causato una grande rivolta, e cosi è stato.
Il problema è sempre lo stesso dall'inizio dell'anno, la mancanza di trasferimenti da Lampedusa al resto d'Italia, anche questo si sapeva, ma tutti facevano finta di niente, tutti facevano finta che la vita del centro fosse tranquilla, l'importante e che i migranti non si vedano per la strada, l'importante e che i turisti non vedano, come oggi ,l’importante è che mostriate le immagini della festa della madonna di Porto Salvo,la Lampedusa bella, la Lampedusa vacanziera, quello che è accaduto è già passato, non bisogna parlarne, questo modo di fare viene da una mentalità mafiosa dell’omertà e del silenzio, ed è il culmine dei comportamenti di un gruppo di persone e di una amministrazione che ha fatto dell’illegalità la propria bandiera, il peggio che nessuna istituzione ha mai arginato questa prassi del malaffare, dell’illecito, anzi sembra essere premiata, lo stato è veramente assente a Lampedusa, c’è un aria da far west da molto tempo, ognuno fa quello che vuole, i più prepotenti minacciano, corrompono e si fanno corrompere. L’unico valore che accomuna una parte di lampedusani che non so quantificare, è la stagione estiva che tradotto significa lo sfruttamento del territorio per fare soldi, ma il mondo e la storia vanno oltre una stagione turistica da salvare, vanno oltre la visione ristretta dei piccoli imprenditori, e quelli che dovevano essere i compagni di una lotta contro le angherie e le violenze che i potenti di tutto il mondo stanno facendo alle masse sono diventati il problema, i nemici da uccidere, da annegare , da buttare in mezzo al rogo , mentre Berlusconi al suo arrivo sull'isola viene acclamato da una folla violenta che impedisce a chi non è d'accordo di manifestare contro la politica del governo, ed anche in queste ore i miei amici, che oggi più che mai voglio chiamare compagni, vengono minacciati da una folla imbestialita, che ha perso ogni direzione "C'è ne pure per quelli di Askavusa se si mettono in mezzo", intanto la Lega ringrazia, il sindaco che dice i tunisini essere tutti delinquenti ha enormi responsabilità per quanto sta accadendo, e ogni persona che sta usando la violenza ha enormi responsabilità. Queste persone sono le stesse che hanno applaudito Crialese e che facevano a gara a complimentarsi dopo la proiezione di Terraferma, sono quelle che applaudono i cantanti che vengono a cantare per la solidarietà durante la manifestazione O scià, sono quelli che fanno a gara per potere ospitare i VIP che invita Baglioni facendo laudi guadagni, Baglioni stesso che viene finanziato da chi sta provocando questo enorme disastro e che dice di fare O scià per sensibilizzare la popolazione rispetto ai temi dell’integrazione dovrebbe condannare chi ha usato la violenza e non premiare chi ha partecipato ai pestaggi rifiutandosi di lavorare con questa gente, perche le canzoni , le parole non valgono a niente se non sono seguite dai fatti, Le persone che dicono buttateli in mare, bruciateli, sono tutti delinquenti magari oggi portavano in spalla la statua della madonna di porto salvo, , io non ho molta fede, ma il fatto che quello che sta accadendo in concomitanza con la festa della patrona dell'isola, che è anche un simbolo di convivenza pacifica mi fa pensare molto. Queste persone che si dice vogliano buttare giù “La porta d’Europa” il monumento di Mimmo Paladino sono più vicini a quegli estremisti islamici che distruggono le opere d’arte in nome di un fanatismo religioso che in realtà è il segno di un ignoranza mostruosa. Quello che mi preoccupa è che nella violenza si possa vedere il modo di risolvere questioni che la politica non ha saputo o voluto affrontare e risolvere, i tunisini si trovano costretti a protestare violentemente perché inascoltati e rinchiusi in condizioni disumane, i lampedusani immaturi cadono nel tranello del governo e aizzati dalle dichiarazioni del sindaco trovano nella violenza non solo una valvola di sfogo ma un metodo per affermare una rabbia da troppo repressa, non per affermare idee, attenzione, perché nella testa di queste persone non credo ci siano idee chiare, ma per affermare una supremazia, un controllo del territorio, ed anche questo è tipico dell’agire mafioso. Dividere l'umanità è quello che i potenti da sempre cercano di attuare, facendo leva sulle paure e l'ignoranza, ed è quello che sta accadendo a Lampedusa, una massa stordita che crede che la risoluzione del problema sia uccidere i Tunisini e non fare arrivare più nessun migrante sull'isola. Da sempre è stato detto che il ruolo di Lampedusa rispetto all'immigrazione deve essere di primo soccorso e accoglienza che più di un numero di migranti Lampedusa non può accogliere, ma questo non è mai stato accolto dal governo, e oggi è il governo ad avere la prima colpa di quello che sta accadendo, dopo il governo vengono tutti quei lampedusani che si sono fatti trascinare in questa pozza di fango. Oggi abbiamo perso tutti, e abbiamo perso molto, Lampedusa che il posto che più amo in assoluto, oggi mi sembra come una casa da abbandonare, come un luogo senza più speranza, come un luogo destinato all'odio e alla violenza, un luogo dove l'egoismo e l'ignoranza hanno avuto la meglio, e questo viene da lontano, il solo fatto di avere un amministrazione con questo sindaco e con una vicesindaco leghista dice tanto, spero che i molti lampedusani che in passato hanno saputo dimostrare solidarietà non vengano travolti da tutta questa cattiveria, che ormai da troppo veniva alimentata. Spero che i ragazzi tunisini possano trovare un posto migliore dove vivere di Lampedusa e dell'Italia.
Non voglio rinunciare alla speranza di un mondo più giusto, non voglio rinunciare alla speranza di un dialogo tra i popoli, tra i più deboli tra gli ultimi, credo in assoluta che il primo sforzo di tutte le persone che hanno una coscienza maggiore sia quello di alimentare il dibattito non solo sull’immigrazione ma su tutto quello che sta accadendo nel mondo, di rimettere la scuola e la conoscenza al centro della vita della collettività, la conoscenza diretta per prima cosa, il dialogo come strumento e come fine il bene comune. Non di un popolo , non di una classe ma dell’umanità

Per questo chiediamo che vengano aboliti i CIE in Italia.
Che venga scritta una nuova legge sull’immigrazione e l’integrazione
Che le società civili europee e nord africane costruiscano una rete diretta per il dialogo e la cooperazione.
Che l’istruzione e la cultura vengano messe ai primi posti nelle agende politiche.

Con enorme sofferenza e speranza . Giacomo Sferlazzo un lampedusano.

mercoledì 21 settembre 2011

COMUNICATO STAMPA


Lampedusa: si fermino immediatamente le violenze
Si proceda al trasferimento dei migranti nei centri di accoglienza
Dichiarazione di Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci

Quanto sta succedendo in queste ore a Lampedusa è l’epilogo di una situazione portata all’esasperazione dalla latitanza di un governo che non ha voluto assumersi le responsabilità che gli competono.

Potremmo dire “l’avevamo detto”! Sono infatti settimane che si susseguono gli appelli delle associazioni che assistono i migranti a procedere con urgenza al loro trasferimento nei centri di accoglienza diffusi sul territorio nazionale. Si è scelto invece di tenerli ammassati per giorni e giorni nel cspa (centro di soccorso e prima accoglienza) di Lampedusa, assolutamente inadeguato ai lunghi trattenimenti (peraltro illegittimi, come abbiamo sempre denunciato) alimentando frustrazione  e rabbia.

Che ormai ci fosse un clima di tensione prossima ad esplodere era noto e tuttavia non si è intervenuti, in attesa di ricorrere a quei rimpatri di massa che le convenzioni vietano e che il ministro Maroni si ostina a voler perseguire, nonostante il governo tunisino li abbia fermati ricordando che l’accordo sottoscritto con l’Italia prevede rientri scaglionati. Ed è stata  proprio la consapevolezza del rischio di venire immediatamente rimpatriati che ha trasformato la rabbia in protesta.

Adesso la priorità è fermare immediatamente le violenze e ristabilire una situazione di sicurezza per tutti, profughi, lampedusani e operatori umanitari. Deve cessare la ‘guerra’ ai migranti, che esaspera gli animi e crea un clima di terrore che può sfociare in incidenti ancora più gravi.

Perché ciò si determini è però indispensabile che il governo dia segnali precisi di voler intervenire per risolvere la situazione nell’unico modo sensato, inviando i mezzi di trasporto necessari per procedere all’evacuazione dei migranti dall’isola verso strutture adeguate all’accoglienza.

Roma, 21 settembre 2011

LAMPEDUSA BRUCIA

Pubblichiamo l'ultimo report delle volontarie esperte ARCI presenti sull'isola.

Sono le 17:30 quando i vigili del fuoco sfrecciano a tutta velocità, a sirene spiegate, dentro le vie del centro di Lampedusa. La gente esce per strada. Qualcuno dice che il CSPA sta andando a fuoco. Dopo poco, una nuvola di fumo nera sovrasta il cielo del paese. Le strade che portano a contrada Imbriacola sono sbarrate dalle forze dell’ordine. Per strada si vedono passare dei ragazzi tunisini con delle buste di plastica celeste, il loro unico bagaglio. Camminano diretti al molo Favarolo : loro punto di arrivo e parte dell’isola che conoscono meglio, dato che ,nelle loro tre fughe precedenti, erano stati convogliati là.

lunedì 19 settembre 2011

Nuove segnalazioni al Numero Verde dai CARA Hotel

Continuano le chiamate da parte dei migranti ospiti dei "CARA Hotel". La mancanza di informazioni, orientamento socio-legale e mediazione linguistica si aggiunge, in alcuni casi, a condizioni di vitto non adeguate. Emblematico il caso dell'Hotel Fantello di Monza che - a cusa della chiusura della cucina - non prevede il pranzo nella giornata del sabato.

Rimpatriare a tutti i costi...

Pubblichiamo un articolo uscito su Agrigentoweb del 15 settembre 2011:

"Aerei per i rimpatri degli immigrati clandestini fermi da ore e ore con decine di
Poliziotti a bordo e costi che salgono alle stelle. E’ quanto sta accadendo a ben due
voli che oggi avrebbero dovuto riportare in patria, in Tunisia, circa 100 immigrati
irregolari giunti in Italia. Il primo è partito da Milano alle 2.00 del mattino con a bordo
90 Poliziotti di scorta, ed è giunto a Lampedusa, dove ha caricato 49 clandestini, per
poi fare una prima tappa a Palermo ed una seconda al “capolinea”, a Tunisi, dove però
solo 30 immigrati sono potuti scendere.

venerdì 16 settembre 2011

Ultimo Report da Lampedusa (15/08 - 14/09)

Segue il dettagliato report a cura dell'ARCI sulla situazione a Lampedusa dalla metà di agosto ad oggi.
Argomenti affrontati: 
  • Presenze nel Centro 
  • Ultime notizie
  • Profilo dei migranti trattenuti 
  • Condizioni di trattenimento
  • Ribellioni
  • Attività dell'équipe Arci

    mercoledì 14 settembre 2011

    I rappresentanti acnur e anci della Commissione Territoriale di Bologna rispondono ad alcune domande

    Pubblichiamo un estratto del Verbale dell' incontro con Commissione territoriale – sezione distaccata di Bologna avvenuto lo scorso 1 Luglio con i la rete regionale “Emilia-Romagna terra d'asilo”:

    -        Dati: al 1 luglio 2011 sono arrivate 1221 domande, di cui esaminate circa 450. Gli esiti: al 13% è stato riconosciuto lo status di rifugiato, al 5% la protezione sussidiaria, al 13% la protezione umanitaria. Dunque un totale di 31% di riconoscimento di una forma di protezione, mentre il resto sono rigetti. Il 23% dei rigetti è avvenuto per rinuncia o irreperibilità (spesso erano casi dal CIE). Su 40 ricorsi presentati avverso decisioni della Commissione, solo uno è stato accolto. Si tenga presente nella lettura dei dati anche il particolare contesto in cui opera la Commissione di Bologna (sul cui territorio di competenza insistono 2 CIE).

    Report operatrice Arci Venezia sulla situazione in un "CARA Hotel" a Fiesso d'Artico

    Incontro con 2 cittadini nigeriani arrivati a Lampedusa nel Luglio 2011 e ora ospiti di un "CARA hotel"

    Su segnalazione del Numero Verde per richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale dell’Arci Nazionale, secondo la quale in data 05/09/2011 alcuni cittadini nigeriani si erano rivolti al servizio esprimendo tutta la loro necessità di incontrare qualcuno che parlasse inglese,  ho incontrato i ragazzi presso la stazione di Dolo alle ore 15.00 di venerdì 09 settembre 2011.

    lunedì 12 settembre 2011

    Nuove segnalazioni da un "CARA Agriturismo"

    Il comune di Piazza Armerina, in provincia di Enna, si aggiunge all'elenco dei posti in cui vengono trasferiti i migranti richiedenti asilo da Lampedusa.
    Dieci ragazzi, sbarcati in Italia lo scorso agosto, hanno raggiunto l'agriturismo Camemi il cui titolare si è preoccupato di segnalarlo al NumeroVerde per avere un sostegno nella loro procedura.

    martedì 6 settembre 2011

    Lampedusa tensione alle stelle

    Protestano le centinaia di migranti prigionieri da giorni sull’isola
    Il governo provveda ai trasferimenti  nel rispetto dei loro diritti

    Dichiarazione di Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci

    Nel centro di primo soccorso e accoglienza  di contrada Imbriacola a Lampedusa la tensione è ormai altissima. Si susseguono le azioni di protesta  dei migranti trattenuti da giorni in condizioni logistiche insostenibili, senza alcuna certezza sul loro futuro, senza possibilità di contatti con l’esterno. Anche agli operatori dell’Arci è stato di punto in bianco vietato l’accesso, ponendo bruscamente fine all’azione di informazione e assistenza che stavano svolgendo.

    La lunga durata del trattenimento è del tutto illegittima, visto che per legge dopo le 48 ore bisognerebbe procedere al trasferimento.

    Ma l’illegalità riguarda anche il trattenimento – addirittura più lungo di quello degli adulti - dei 180 minori che si trovano in parte nel cpsa e in parte alla base Loran, che  sicuramente non presentano i requisiti delle strutture in cui la legge prevede che debbano ricevere ricovero.  

    Prima che l’esasperazione porti a una degenerazione della situazione, l’Arci chiede un intervento urgente del governo  perché si proceda celermente al trasferimento dei migranti dal centro. Chiede inoltre che si ripristini la possibilità di ottenere la protezione temporanea per i tunisini che rappresentano la gran maggioranza dei detenuti nel centro e che si ponga fine ai respingimenti e alle espulsioni di massa.  Sollecita infine un intervento immediato per garantire che i minori vengano ospitati in strutture idonee.

    Serve insomma che questo governo agisca finalmente nel rispetto dei diritti, garantendo accoglienza e sicurezza anche alle persone straniere arrivate  nel nostro paese.
    Questo è il modo migliore, lo ribadiamo, di sostenere i processi di emancipazione e democratizzazione dei paesi del nord Africa. L’unico per rispettare la legge e la Costituzione.

    Roma, 6 settembre 2011


    Lista "C.A.R.A HOTEL " suddivisa per regioni

     All'interno del post è possibile consultare la tabella, suddivisa per regioni, delle strutture (hotel, appartamenti, tende) nei quali sono alloggiati i profughi della Libia che hanno presentato richiesta d'asilo. Tabella realizzata grazie alle segnalazioni che pervengono direttamente al Numero Verde per Richiedenti e Titolari di Protezione Internazionale.

    lunedì 5 settembre 2011

    Milano-Lampedusa: report dei volontari/esperti legali dell'ARCI sull'isola dal 24 al 31 luglio

    Report dal Centro di Soccorso e Prima Accoglienza di Lampedusa, isola di illegalità ai confini di uno Stato di diritto

    di Francesca Cancellaro, Luca Masera, Stefano Zirulia

    Sommario: Estratto – 1. I diritti fondamentali violati a Lampedusa – 2. Il CSPA non è un CIE: alla ricerca del fondamento giuridico dei trattenimenti presso il “Centro di Soccorso e Prima Accoglienza” di Lampedusa – 3. Il CSPA: la struttura e le condizioni del trattenimento dei migranti – 4. I maltrattamenti – 5. L’ istanza di accesso agli atti.

    venerdì 2 settembre 2011

    29 agosto: una giornata al mare dei giovani migranti fuggiti (ma poi rientrati) dal CPSA di Lampedusa

    Lampedusa, 29 agosto: racconto di una lunga giornata

    All'interno di questa pagina è possibile leggere il racconto delle/i volontarie/i ARCI che hanno monitorato i fatti accaduti lo scorso 29 agosto, tra fughe collettive, minori senza posto letto, tentativi di conciliazione, assaggi di libertà da parte dei giovani migranti.

    Si ringraziano per le foto: Samira Moustafa Salim e Massimo Berardi






    REPORT 29 AGOSTO 2011: UNA LUNGA GIORNATA

    Accoglienza Italiana - aumenta il numero dei CARA HOTEL

    ACCOGLIENZA ITALIANA – SEGNALAZIONI AGOSTO 2011

    LOCALITA'
    STRUTTURA
    INFORMAZIONI
    San Pietro in casale (Bologna)
    Hotel
    N° ospiti : 7 persone, richiedenti asilo, trasferiti da Lampedusa provenienti dal Burkinafaso.

    Diario di un volontario ARCI. Gianluca Solera racconta gli 8 giorni trascorsi sull'isola

    Diario di un volontario Arci a Lampedusa

    “Benvenuti a Lampedusa”: una mega-foto di una spiaggia che abbraccia acque cristalline occupa un’intera parete nella zona di arrivo dell’aeroporto (...). E' così che inizia la prima pagina del diario di un volontario ARCI* che racconterà la sua esperienza a Lampedusa.

    venerdì 26 agosto 2011

    Accoglienza italiana: segnalazioni agosto 2011

    LOCALITA'
    STRUTTURA
    INFORMAZIONI
    Torino
    Struttura
    N° ospiti : 200 persone circa, richiedenti asilo, provenienti dal Niger, dal Mali, dalla Nigeria e da altri paesi. Vivono lì dall'8 agosto.
    Sezze Romano (Latina)
    App.to
    N° ospiti : 14 persone, richiedenti asilo, traferiti da Lampedusa e Manduria, provenienti dalla Guinea, dal Ghana e dal Gambia. Vivono lì da 3 mesi.
    Criticità:  mancanza di assistenza legale e medica. Mancanza di vestiti.

    giovedì 25 agosto 2011

    Accoglienza italiana: segnalazioni agosto 2011

    LOCALITA'
    STRUTTURA
    INFORMAZIONI
    Favara (Agrigento)
    App.to
    N° ospiti : 20 persone, richiedenti asilo trasferiti da Lampedusa, provenienti dalla Nigeria, dalla Costa d'Avorio e dalla Guinea. Vivono lì dal 22 giugno.
    Criticità: sovraffollamento. Scarsa chiarezza delle informazioni sulla procedura legale ricevute. Mancanza di assistenza legale. Mancanza di acqua, scarsità di cibo. Assenza di assistenza medica. 

    Rovereto
    Struttura
    N° ospiti : 15 persone, richiedenti asilo.
    Fondi
    App.to
    N° ospiti :  42 persone, richiedenti asilo, provenienti dalla Nigeria e dal Niger. Vivono lì dal 26 giugno.
    Criticità:  sovraffollamento. Scarsità di cibo. Mancanza di pocket money. 
    Varese
    Struttura
    N° ospiti :  32 persone, richiedenti asilo, trasferiti dal centro di Manduria, provenienti dalla Nigeria e dal Ghana. Vivono lì dal 18 luglio.
    Milazzo (Messina)
    Struttura  di proprietà comunale
    N° ospiti : 20 persone, minori non accompagnati, trasferiti da Lampedusa, provenienti dal Chad, dal Burkina Faso, dal Benin, dal Senegal e dalla Costa d'Avorio.
    Criticità:  i  minori sono stati “utilizzati” per  lavori di bonifica del cimitero, pulizia di aiuole e scalinate della città di Milazzo.   
    Piangipane (Ravenna)
    App.ti
    N° ospiti : 60 persone, richiedenti asilo, trasferiti da Lampedusa (sbarco a Lampedusa il 30 giugno) provenienti dalla Costa d’Avorio, dalla Nigeria, dal Ghana e dal Sudan.
    Criticità:  assenza di assistenza medica (fatta eccezione per 2 persone visitate perché gravemente ammalate). Mancanza di informazioni sulle procedure legali. Mancanza di documenti. Insufficienza delle possibilità di comunicazione con l'esterno (ogni mese hanno diritto a 3 minuti di conversazione telefonica con parenti).
    Brescia 
    Hotel  Jolly- viale Stazione 15
    N° ospiti : 19 persone, richiedenti asilo, trasferiti da Lampedusa a Torino ed infine Brescia dove vivono dal 1° luglio, provenienti dal Chad, dal Burkina Faso e dal Marocco.
    Criticità:  mancanza di acqua, cibo, vestiti. Mancanza di informazioni sulle procedure legali e assistenza legale e medica. Presenza di ammalati.

    Accoglienza italiana: segnalazioni agosto 2011


    LOCALITA'
    STRUTTURA
    INFORMAZIONI
    Roccagorga (Latina)
    App.ti
    N° ospiti:  13 persone, provenienti dal Ghana, dalla Nigeria e dal Burkina Faso.
    Criticità: sovraffollamento (8 ospiti in una stanza). Non hanno pocket-money. Mancanza di informazioni sulla procedura legale.
    Caggiano (Salerno)
    App.ti
    N° ospiti: 21 persone, richiedenti asilo, in prevalenza provenienti dalla Nigeria. Vivono lì da 3 mesi hanno tutti un permesso di soggiorno per richiesta d'asilo. 
    Criticità:  scarsa chiarezza delle informazioni sulla procedura legale ricevute.


    Mansano (Ancona )
    App.to
    N° ospiti:  6 persone, provenienti dal Darfur, dalla Libia e dal Chad. Vivono lì da 2 mesi. Hanno tutti presentato richiesta asilo.
    Criticità:  scarsa chiarezza delle informazioni sulla procedura legale ricevute. Mancanza di assistenza legale. 
    Note: ricevono 46 euro al mese come pocket money.
    Dolo (Ve) 
    Hotel Riviera
    N° ospiti:  21 persone, richiedenti asilo. provenienti dalla Nigeria, dal Ghana, dal Chad e dal Niger. Vivono lì da 10gg sono stati trasferiti da Manduria.
    Criticità: scarsa chiarezza delle informazioni sulla procedura legale ricevute. Mancanza di assistenza legale.  Mancanza di vestiti e scarpe.